L’articolo che state leggendo è il primo di una serie di articoli riguardanti l’astrofotografia con la fotocamera reflex. Prima di ritornare ad essere un visualista, infatti, sono stato anche un astrofotografo. Mi sono divertito parecchio a fotografare costellazioni e oggetti del cielo profondo, pur non arrivando mai alle vette di eccellenza raggiunte dai veri professionisti in questo campo. Ciò che condividerò con voi è la mia personale esperienza, i miei sbagli e i miei successi, più anche consigli da chi ne sa certamente di più di me in materia.
Fotografare il cielo con una fotocamera reflex non è molto complicato, di principio. Tutto ciò che vi serve è un cavalletto e una fotocamera reflex che supporti la posa bulb, ovvero la possibilità di tenere aperto l’otturatore per un tempo indefinito, anche diversi minuti se occorre. Infatti, più il sensore viene esposto alla luce delle stelle, e più fotoni riesce a raccogliere, restituendo immagini più brillanti e facendo apparire anche ciò che solitamente è invisibile ai nostri occhi.
Se da un lato lunghi tempi di esposizione ci permettono di catturare quindi anche oggetti debolissimi, dall’altro dobbiamo affrontare un nuovo problema. Chiunque di voi abbia usato una fotocamera in modalità notturna sa bene che non deve neanche respirare, altrimenti la foto viene mossa. Questo perchè se voi muovete la fotocamera mentre sta esponendo, la luce che prima colpiva un pixel, dopo lo spostamento colpirà qualche pixel più in là. Il risultato è che il vostro soggetto inquadrato si spalma in modo disordinato sul sensore, apparendo sfocato o terribilmente mosso. Nel caso del cielo stellato, inoltre, anche se la vostra fotocamera è ben salda su un cavalletto, nel frattempo la Terra ruota su sé stessa e quindi il cielo stellato si muove nel corso dei minuti.
Ciò non è per forza un male. Esiste infatti un genere molto affascinate di foto, quello delle scie stellari (star trails), che prevede proprio di sfruttare la rotazione della Terra per imprimere nella fotografia le scie delle stelle. Per effettuare questo genere di scatto vi basta semplicemente fissare la fotocamera a un treppiedi e inquadrare la zona del cielo che vi interessa. Impostate quindi un livello di ISO basso, tanto a noi interessano le stelle che sono comunque soggetti abbastanza luminosi, e attivare la posa bulb per alcuni minuti. Se inquadrerete una zona del cielo che comprende anche il polo nord celeste, vedrete come tutte le stelle ruotino intorno al punto dove l’asse di rotazione della Terra “buca” la cupola celeste, con un effetto molto suggestivo. Più lunga sarà la posa (anche diverse ore!), più lunghe ed evidenti saranno le scie stellari.
Uno svantaggio dei sensori digitali è che essi, a differenza della pellicola, si riscaldano quando sono attivi per lungo tempo, con la conseguenza che sulla foto appare il rumore degli elettroni che è tanto più evidente tanto più è alta la temperatura. Questo è un problema sopratutto d’estate, quando la temperatura ambientale è più alta. Il rumore elettronico si manifesta in diversi modi, uno dei quali è quello degli hot pixel: sono pixel bianchi o colorati che compaiono sull’immagine quando vengono usati tempi di esposizione lunghi, quando la temperatura è alta oppure quando si usano ISO elevati. Vedremo nei prossimi articoli come si può risolvere questo problema, per adesso, come primo incontro con la fotografia astronomica, possiamo ignorare il problema e concentrarci sulle cose più semplici.
Piccola, ma importantissima nota: la fotografia astronomica, di qualsiasi tipo, richiede cieli bui. La presenza di luci artificiali, infatti, saturerà velocemente il sensore con il risultato di ottenere una foto praticamente bianca, costringendovi a ridurre i tempi di posa al minimo possibile. Inoltre, i lampioni o le luci della città imprimono nella fotografia un fastidioso gradiente luminoso molto complicato da rimuovere in fase di post-produzione, se non impossibile. Infine, un cielo lattiginoso avrà una luminosità pari o superiore a quella delle nebulosa che volete fotografare, le quali di fato annegheranno nel mare di fotoni generati dalle luci artificiali risultando quindi invisibili.
Se potete, acquistate anche un cavetto flessibile, in quanto sarà più facile mantenere una posa bulb lunga (di solito sono dotati di un meccanismo di blocco), e inoltre eviterete che il tocco della vostra mano sul pulsante dell’otturatore causi una fatale vibrazione nei primi istanti della posa.
Quale fotocamera acquistare? Secondo me, se avete già in mente di passare alla fotografia al telescopio, o se vi piacciono le nebulose, è meglio comprare una Canon. Io possedevo nella fattispecie una Canon EOS 1100D, la più economica della famiglia. Non che le Nikon non siano valide, anzi! Tuttavia, fotografando le nebulose, scoprirete che le fotocamere reflex sono poco sensibili nell’infrarosso, dove l’idrogeno delle nebulose ha il suo massimo dell’emissione purtroppo, a causa di un filtro IR-cut posizionato di fronte al sensore. Tuttavia, la Baader Planetarium ha messo in commercio un filtro sostitutivo con una finestra di trasmissione più ampia che permette il passaggio della radiazione infrarossa. La modifica alla fotocamera, che invalida la garanzia, viene realizzata da laboratori specializzati oppure può essere fatta anche in autonomia. Io per esempio me l’ero fatta da solo per due volte. In ogni caso, vedremo in un futuro articolo questo argomento in modo molto più dettagliato.
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