Un altro successo straordinario, che stavolta ci riguarda più da vicino, per l’Event Horizon Telescope Consortium. Grazie infatti ad una rete di radiotelescopi sparsa su tutto il pianeta, gli scienziati hanno ottenuto la prima storica fotografia del buco nero al centro della nostra galassia, denominato Sagittarius A* o Sgr A*. La scoperta è stata possibile grazie alla raccolta di una grandissima quantità di dati lungo diverse notti di aprile del 2017.
Per anni avevamo solo ipotizzato la presenza di un buco nero al centro della nostra galassia, a circa 26.000 anni luce di distanza. In particolare, le orbite delle stelle più vicine al centro suggerivano ad esempio la presenza di un corpo di enorme massa. Oggi abbiamo la conferma che tale corpo celeste è un buco nero, avente una massa stimata pari a 4 milioni di masse solari, e di cui finalmente conosciamo anche il vero volto.
Ciò che noi osserviamo non è il buco nero vero e proprio, in quanto a causa dell’enorme massa nemmeno la luce può sfuggirgli, e quindi raggiungere i nostri sensori fotografici. In realtà, noi possiamo catturare la radiazione proveniente dal disco di accrescimento che lo circonda, formato da polvere e gas riscaldati a temperature elevatissime.
Ottenere questa straordinaria immagine non è stato affatto facile. Pur essendo più vicino a noi rispetto al buco nero situato nella galassia M87, protagonista della prima storica foto di un buco nero, la materia del disco di accrescimento in questo caso si muove in modo molto più rapido intorno al buco nero, rendendo quindi più difficoltosa l’acquisizione di immagini stabili. Gli scienziati hanno dovuto sviluppare algoritmi del tutto nuovi per ovviare a questo problema.
Ecco le parole di Sera Markoff, professoressa di astrofisica teorica all’Universita’ di Amsterdam:
Abbiamo due tipi completamente diversi di galassie e due buchi neri con masse molto diverse, ma vicino al bordo di questi buchi neri, l’aspetto e’ sorprendentemente simile. Questo ci dice che la relatività generale governa questi oggetti da vicino, e qualsiasi differenza vediamo in regioni più lontane deve essere dovuta a differenze nel materiale che circonda i buchi neri.
Ed ecco le parole di Mariafelicia De Laurentis, professoressa di astrofisica presso l’Università Federico II di Napoli e ricercatrice all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN):
Le osservazioni forniscono ulteriore supporto al fatto che lo spaziotempo nell’intorno dei buchi neri è descritto da soluzioni della relatività generale, indipendentemente dalla loro massa.
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