martedì, Luglio 18, 2023
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La Nebulosa dell’Aquila (M16)

La Nebulosa dell’Aquila è una regione H II ed è uno degli oggetti astronomici più interessanti e studiati del cielo. Nonostante il nome, la nebulosa si trova nella costellazione della Coda del Serpente, ed è visibile soprattutto nel periodo estivo. La nebulosa è catalogata come M16 nel catalogo di Charles Messier e come NGC 6611 nel catalogo New General Catalogue. Più precisamente, NGC 6611 è la designazione dell’ammasso stellare, mentre la nebulosa a emissione associata è catalogata come IC 4703.

Attualmente, la sua distanza più verosimile in base ai dati è pari a 5.700 anni luce, e perciò si troverebbe nel Braccio del Sagittario della nostra galassia.

L’ammasso stellare venne osservato per primo da Philippe Loys de Chéseaux nel 1746, e qualche anno più tardi, nel 1764, Charles Messier lo osservò nuovamente e notò anche un accenno di nebulosa. La prima fotografia venne scattata nel 1875 da Isaac Roberts, dal suo osservatorio privato, con un telescopio di 50 cm di diametro.

Le stelle della nebulosa e un accenno di nebulosità sono già visibili con telescopi da 120 mm, mentre con telescopi oltre i 200 mm la visione appare molto più definita.

Questa nebulosa è un complesso sistema di stelle giovani e calde, polveri e gas. I processi di formazione stellare sono tuttora in corso, e sono presenti numerose supergiganti blu giovanissime, nate meno di 3 milioni di anni fa. Un istante di tempo, astronomicamente parlando. La massa delle componenti stellari varia dalle 2 alle 85 masse solari, e l’ammasso stellare è ampio circa 70×55 anni luce.

I Pilastri della Creazione, una delle foto più note del Telescopio Spaziale Hubble.

Senza’altro la struttura più nota di questa nebulosa sono i Pilastri della Creazione, probabilmente una delle tre foto più celebri scattate dal Telescopio Spaziale Hubble. Seguendo la numerazione romana, i pilastri sono stati classificati come colonna I, II e III, e sono formati da polvere e gas compressi dalla radiazione delle irruente giovani stelle circostanti. La massa complessiva dei pilastri è pari a circa 200 masse solari. Grazie alle osservazioni con il Telescopio Spaziale Chandra, è stato possibile osservare diverse sorgenti a raggi X, quasi tutte all’interno dei pilastri. Queste sorgenti di raggi X coincidono con le stelle giovani dell’ammasso.

Una ulteriore colonna, la IV, si trova a sud-est dei pilastri e contiene un oggetto Herbig-Haro, HH 216. Questi ultimi si formano quando una giovane stella in formazione emette un getto di plasma dai poli, e tale getto va a colpire ed eccitare gli atomi di una nube di polvere e gas nelle vicinanze.
Sempre in questa nebulosa è presente una quinta colonna, conosciuta come “La guglia”, che potrebbe contenere altri oggetti di tipo Herbig-Haro.

Un dettaglio della colonna V, dove è presente un probabile oggetto di tipo
Herbig-Haro.

Una curiosità: i pilastri potrebbero già essere stato distrutti dall’esplosione di una supernova avvenuta circa 6.000 anni fa. Gli astronomi hanno infatti osservato un’onda d’urto diretta verso i pilastri, che dovrebbe spazzarli via. Tuttavia, data la distanza in gioco, non potremmo saperlo con certezza per diverso tempo.

Come sappiamo tutte queste cose, visto che la polvere ostacola la radiazione nello spettro del visibile? Gli astronomi hanno un potente alleato, il Telescopio Spaziale Spitzer, attivo nel campo degli infrarossi. Grazie a questo strumento, è stato possibile vedere oltre la polvere e osservare ad esempio giovani oggetti stellari in formazione all’interno delle colonne I e II dei pilastri.

La Nebulosa dell’Aquila ripresa dal Telescopio Spaziale Spitzer. Le macchie verdi sono le polveri più fredde, mentre la zona più rossa è probabilmente la polvere riscaldata dall’esplosione di una supernova. Le piccole macchioline rosse sono stelle in formazione, nascoste dalle nubi di polvere

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