Una delle mie grandi passioni, oltre all’astronomia, è la storia. E di storie, la scienza che studia l’universo, ne ha parecchie da raccontare. Una delle più interessanti riguarda la scoperta del pianeta Nettuno, individuato prima sulla carta e dopo nel cielo. Un vero trionfo della matematica e della fisica.
Nettuno è inosservabile a occhio nudo, avendo una magnitudine relativa che, alla meglio, arriva a +7,7. Si tratta quindi di un oggetto non facile, che io ho avuto modo di osservare per la prima volta con telescopio riflettore da 250 mm di diametro, anche se comunque è possibile osservarlo anche con diametri inferiori.
La storia della scoperta di Nettuno è caratterizzata da accuse, errori grossolani, tanta fortuna, per il suo scopritore, e tanta sfortuna, per gli altri astronomi che lo avevano già osservato senza riconoscerne la sua vera natura.
Secondo la leggenda, già Galileo Galilei si era accorto che c’era qualcosa di strano in una stella blu che aveva osservato a cavallo tra il 1612 e il 1613. Tuttavia, a causa della limitatezza del suo strumento, non riuscì a capire che si trattasse di un nuovo pianeta. Inoltre, per un caso sfortunato, il pianeta al momento dell’osservazione stava iniziando il suo periodo di moto retrogrado, e quindi di fatto era stazionario nel cielo, facendolo assomigliare di più ad una stella.
Un altro astronomo che dovette mangiarsi le mani fu John Herschel, figlio di William Herschel, lo scopritore di Urano. Proprio come suo padre, egli aveva scoperto per caso Nettuno il 14 luglio 1830, tuttavia non riconobbe la sua vera natura. Anni dopo, nel 1846, scrisse una lettera all’astronomo tedesco Wilhelm Struve, comunicandogli che 16 anni prima aveva già osservato il pianeta, scambiandolo tuttavia per una stella.
Dicevamo in apertura che la scoperta di Nettuno avvenne grazie a dei calcoli matematici. Nel 1781, l’astronomo russo Anders Johan Lexella aveva calcolato per primo l’orbita di Urano, notando delle discrepanze. Anni dopo, nel 1821, Alex Bouvard realizzò delle tavole dettagliate delle posizioni di Urano nel corso della sua orbita, e queste tavole confermarono l’esistenza di discrepanze tra i dati teorici e quelli osservativi. Furono messe in campo varie ipotesi per spiegare queste perturbazioni: alla distanza di Urano dal Sole, la forza di gravità poteva agire in modo diverso; la legge di gravitazione universale poteva essere errata; oppure, la più semplice di tutte, ovvero l’esistenza di un ottavo pianeta ancora più distante, che con la sua massa, e quindi gravità, accelerava e rallentava Urano.
John Couch Adams si convinse, fin da studente, che la terza ipotesi dovesse essere quella giusta, e lavorò ad una serie di difficili calcoli matematici per ottenere la posizione approssimativa del nuovo pianeta. Una prima serie di calcoli fu completata quasi per certo entro il 18 settembre 1845, data che sembrerebbe essere confermata su alcune annotazioni ritrovate nei documenti di Adams. Tuttavia, James Challis, il direttore dell’Osservatorio di Cambridge, non fu molto convinto del lavoro di Adams, una curiosità a suo modo di vedere. Certo, i calcoli sembravano buoni, ma impiegare le risorse dell’osservatorio e soprattutto rischiare il prestigio alla ricerca di un pianeta fantasma non erano idee molto allettanti.
Nello stesso periodo, l’astronomo francese Urbain Le Verrier, aveva compiuto lo stesso ragionamento, arrivando a ipotizzare l’esistenza di un ottavo pianeta perturbatore e calcolandone una approssimativa posizione, presentata poi il 1 giugno 1846 all’Accademia delle scienze di Parigi.
George Airy, astronomo britannico dell’Osservatorio Reale di Greenwich, riconobbe subito che c’era una enorme somiglianza tra i due lavori, e capì che non doveva essere una coincidenza. Organizzò quindi una veloce e disperata ricerca del nuovo pianeta, usando il telescopio equatoriale di Cambridge, la quale iniziò il 29 luglio 1846. Ormai non si potevano fare più errori, che invece Adams commise, inviando al gruppo di ricerca diversi risultati anche in posizioni troppo errate. Nel frattempo, Le Verrier aveva rifinito i calcoli, ottenendo anche la stima della massa del pianeta sconosciuto, e inviò i suoi dati all’astronomo Johann Gottfried Galle dell’Osservatorio di Berlino. Egli ricevette i calcoli il 23 settembre 1846, e le ricerche iniziarono la sera stessa. Dopo meno di un’ora di osservazione, Nettuno venne scoperto a meno di 1° dalla posizione teorica calcolata da Le Verrier.
Cosa aveva contribuito al successo di Le Verrier? Diversi fattori. Egli effettuò calcoli più precisi di Adams, il quale aveva più volte invece rimaneggiato il suo lavoro, proponendo risultati anche in palese contraddizione. Inoltre, i superiori di Adams non avevano creduto abbastanza in lui quando era stato il momento buono, iniziando le ricerche quando ormai era troppo tardi. Inoltre, le mappe stellari usati a Cambridge erano meno aggiornate di quelle che furono usate a Berlino. Con grande rammarico, dopo la pubblicazione della scoperta, a Cambridge capirono di aver osservato Nettuno per primi, per ben due volte, le notti dell’8 e del 12 agosto 1846, senza però aver capito che si trattava proprio del pianeta che stavano cercando.
Da qui nacque una controversia che impegna gli storici anche ai giorni nostri, rispetto a quale astronomo attribuire la scoperta di Nettuno. Per anni la questione fu risolta attribuendo ad entrambi il merito, ma documenti ritrovati nel 1998 sembrerebbero evidenziare come Adams stesso non fosse del tutto certo sulla reale posizione di Nettuno.
Adams in ogni caso riconobbe la superiorità nel merito della scoperta di Nettuno a Le Verrier, come si può capire dalle sue stelle parole scritte alla Royal Astronomical Society a novembre 1846:
Cito queste date solo per dimostrare che i miei risultati sono stati ottenuti in modo indipendente e prima della pubblicazione di quelli del sig. Le Verrier, senza l’intenzione di interferire con il suo giusto credito in onore della scoperta, perché non c’è dubbio che le sue ricerche sono state rese pubbliche per prime, e hanno portato alla reale scoperta del pianeta da parte del Dott. Galle, così che i fatti di cui sopra non possono nuocere, anche in minima parte, al credito dovuto al sig. Le Verrier.
In realtà, a volere essere pignoli, calcoli eseguiti negli anni successivi alla scoperta hanno mostrato come l’orbita vera di Nettuno sia abbastanza diversa da quella calcolata sia da Le Verrier che da Adams. Entrambi, quindi, avrebbero avuto anche una buona dose di fortuna nella loro scoperta, fortuna che avrebbe aiuto anche gli astronomi anni più tardi nella scoperta di Plutone. I calcoli vanno bene, ma spesso un pizzico di buona sorte può essere un aiuto fondamentale.